LUISS Guido Carli
Libera Università Internazionale degli Studi Sociali
Dipartimento di Scienze Politiche
Cattedra di Comunicazione d’impresa e Gestione delle risorse umane
Relatore: Chiarissimo prof. Antonio Cocozza
Anno Accademico: 2016/2017
Lo sviluppo di questa tesi è nata da una domanda: “Esiste la comunicazione aziendale perfetta?” o in una formula meno pretenziosa, “qual è il miglior modello di comunicazione aziendale?”
Sicuramente occorre partire dall’assunzione di base che è oggi non è possibile non investire in comunicazione, un po' come la metafora di chi blocca l’orologio per non far scorrere il tempo. Nell’epoca attuale l’investimento in comunicazione è strategico e fondamentale, ma lo è davvero se vengono utilizzate tecniche nuove e si supera il ricorso a vecchi modelli, credendo che essi siano sufficienti. Non basta più limitarsi ad acquistare spazi pubblicitarisui mass media, ma bisogna orientarsi al mercato diretto con iniziative in cui l’azienda parla direttamente ai clienti attraverso i social, incontri, fiere ed eventi. È importante garantire la propria presenza fisica in grandi eventi per cominciare a dialogare e farsi conoscere raccontando “chi sei, cosa fai, dove lo fai, come lo fai…”
Non esiste la comunicazione aziendale perfetta in assoluto, ma ogni strategia deve essere calibrata in base all’obiettivo. Il communication mix e le nuove strategiche di comunicazione aziendale forniscono differenti strumenti da poter utilizzare in base all’obiettivo che si vuole raggiungere: l’advertising propone un acquisto legato ad un valore, le promozioni promuovono e premiano una prova, il direct marketing propone un’offerta e chiede una risposta, la sponsorizzazione propone un’associazione positiva per l’immagine, le relazioni pubbliche creano consenso e favore presso pubblici influenti. A tal proposito è importante che ogni azienda abbia ben chiari i propri obiettivi in modo da poter selezionare lo strumento più adatto e svilupparlo in base alle proprie esigenze aziendali. Occorre sempre un piano di comunicazione degli interventi da svolgere, che tenga conto degli elementi strategici e di fatto condizionanti del piano stesso: obiettivi, pubblici, tempi, costi.
Il punto di partenza deve essere lo studio del mercato; occorre capire cosa richiede il mercato e come soddisfare le esigenze o i bisogni dei clienti. È l’impresa che deve ruotare attorno al cliente e non viceversa: le attese e le aspettative del cliente devono essere il centro di gravità dell’impresa. Le aziende devono effettuare ricerche di marketing che non si limitano a cercare nuovi clienti, ma studiano il cliente a 360º, i potenziali clienti e la concorrenza. Oltre all’analisi esterna, è fondamentale avere un database di dati interni relativi all’azienda e alle sue vendite: fatturato, numero di coperti, giornate di soggiorno e andamento.. Tutte le informazioni devono essere aggiornate e ordinate, in modo da poter essere fruibili in qualsiasi momento. Non bisogna mai dimenticare che il mercato non è astratto e che tramite l’analisi della domanda è possibile sviluppare un’offerta in grado di soddisfare il cliente.
Poiché è inopportuno se non impossibile soddisfare l’intero mercato, la strategia più efficace è quella di “targetizzare” i potenziali consumatori interessati e rivolgersi prettamente a quel determinato segmento di clientela. La segmentazione del mercato corrisponde alla sua suddivisione in gruppi composto da acquirenti simili per le modalità e motivazioni di consumo. Nel grafico sottostante, realizzato dall’Osservatorio nazionale per l’agriturismo (2012), il mercato è segmentato in quattro parti sulla base di due parametri prevalenti:
da un lato, la propensione a vivere l’esperienza dell’agriturismo in chiave dinamica oppure improntata al relax e al riposo; dall’altro, l’orientamento a vivere il soggiorno in agriturismo come esperienza centrata sulle attività che si possono svolgere all’interno della struttura, oppure come base per visitare le località e le attrattive presenti in zona. Considerando i suddetti parametri di segmentazione e considerandone le caratteristiche specifiche di ognuno, si ottengono differenti segmenti di clientela a cui rivolgersi.
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I nove segmenti del mercato agrituristico.
Fonte: Ismea, Osservatorio nazionale dell’agriturismo
Dall’altro lato la strategia da applicare è la differenziazione, con la quale si cerca di caratterizzare in modo unico la propria presenza sul mercato modificando, rispetto ai concorrenti, la qualità vera e propria del servizio/prodotto. In altre parole, differenziare un prodotto o un servizio significa presentarlo con caratteristiche in grado di distinguerlo da quanto viene offerto dai concorrenti, in modo che esso assuma sue proprietà specifiche, adatte al cliente a cui si rivolge, aumentandone il valore per l’acquirente.
Il prezzo non è più l’unico indicatore che condiziona la scelta dei clienti, ma deve essere considerato dalle aziende solo come un segmento di vendita. Facendo un esempio, se si considera il mercato delle auto, esso è composto da diversi modelli forniti da diverse case automobilistiche a cui corrispondono altrettanti prezzi diversi. Le macchine di fascia media (es.10.000 euro) svolgono la medesima funzione di trasporto come quelle di fascia alta (es. 50.000 euro), tuttavia in strada non esistono solo automobili da 10 e 50 mila euro, ma ancheda 20, 30, 40 e 60 mila euro, indice del fatto che tra i due estremi ci sono sempre delle categorie intermedie. Ciò significa che non è vero che solo il prezzo determina la vendita, ma che la vendita di un prodotto è determinata anche da alti valori come la qualità ed il prestigio. Nella fattispecie del mondo rurale, il modello italiano è quello clonato in tutto il mondo e il verde, il bio, la natura sono considerati sinonimo di qualità. Se fino a vent’anni fa si parlava del prodotto, oggi si parla dell’effetto del prodotto. È cambiato il consumatore finale e la bravura dell’imprenditore agricolo oggi non deve essere tanto quella di abbassare il prezzo rispetto ai concorrenti (che deve comunque restare in linea con il mercato), ma di differenziarsi, di riuscire a vendere e trasmettere la storia, la cultura e l’intero patrimonio valoriale dell’azienda che sono propri e nessuno può clonare.
L’agriturismo è una struttura ricettiva che deve essere selezionata in base alla qualità e se a livello emotivo l’aspettativa del prezzo è inferiore rispetto al supermercato, sul piano razionale molti sono consapevoli che i costi di produzione sono maggiori, data la scala più ridotta e l’impiego di tecniche naturali. A livello generale vale la seguente regola: “Se vengono fatte proposte differenziate da quelle della concorrenza, ci si può permettere di avere qualche grado di libertà in più nel decidere i prezzi; nel caso di scarsa differenziazione, occorrerà adattare i prezzi a quelli del mercato in genere.” L’azienda in cui si sceglie di spendere il proprio tempo e denaro deve far vivere emozioni poiché generalmente la maggior parte degli acquirenti si muove per motivazione e non destinazione; nel suo intimo il consumatore conserva radici profonde che si trovano a convivere con nuovi contesti e con moderni concetti di vita. “Vendersi” bene è meglio che “vendere” bene?
E’ cresciuto il peso relativo della comunicazione istituzionale su quella di prodotto. I prodotti tendono a somigliarsi; la differenza sta allora nella qualità, sostenibilità, credibilità, possibilità di testare la tracciabilità delle provenienze produttive, dell’attenzione al sociale, della sostenibilità ambientale. L’organizzazione si realizza attraverso ciò che produce o attraverso i servizi che offre, ma deve comunicare in ogni momento una precisa percezione di mission (ciò che è), vision (ciò che sarà) e strategia (il modo in cui opera), valori guida e la sostanza etica del suo essere. Un elemento è comune a qualunque soggetto che agisce per affermarsi sul mercato globale rimane sempre l’equazione: saper fare + far sapere = essere.
Nel corso degli anni la domanda si è alzata, sotto l’aspetto della qualità e del contenuto di servizi richiesti. In passato, molti potenziali agrituristi si accontentavano di una qualità contenuta, a fronte di un evidente costo ridotto del soggiorno in agriturismo; oggi non è più così. Se è vero che i clienti iniziando ad essere più esigenti e che la concorrenza nel settore agrituristico aumenta quotidianamente, è anche vero che ci sono dei trend di base da tenere in considerazione: l’aumento di attenzioni alla salute, la coscienza ambientalistica che gradualmente prende spessore, il desiderio di riscoperta della cultura del mondo rurale e il ritorno alla genuinità, il crescente desiderio di evadere dalla routine della città; inizia anche ad affacciarsi la volontà di salvare le attività locali e quelle legate all’agricoltura, di preservare le piccole fattorie dal progresso e dalle regole del mercato, anche frequentandole.
Il mercato sta ponendo davanti alle imprese delle grandi sfide: sta alla bravura della singola impresa riuscire a coglierle come opportunità o invece far sì che esse diventino dei problemi paralizzati. Gli agriturismi devono ancora capire che ciò che vendono non è il singolo piatto o la singola stanza, ma l’intero sistema territoriale all’interno del quale occorre lavorare in maniera congiunta per superare le criticità del sistema d’area.
A livello nazionale, con l’applicazione del decreto del Ministero delle Politiche agricole (n° 1720/2013) e delibera della Giunta regionale dell’Emilia Romagna (n° 1185/2015) è nato un nuovo sistema di classificazione delle strutture ricettive agrituristiche (camere, appartamenti o agri-campeggio). Precedentemente ogni regione utilizzava dei metodi valutativi differenti che non sempre coincidevano, né nel nome né nella valutazione; ad esempio i quadrifogli utilizzati dalla regione Lombardia non corrispondevano alle spighe o alle margherite utilizzate da altre regioni. Ciascun marchio regionale è attualmente stato sostituito con il nuovo “Agriturismo Italia” che identifica un unico cartellone identificativo per tutti gli agriturismi italiani e l’inserimento di un nuovo simbolo di classificazione della qualità della struttura agrituristica rappresentato da uno o più girasoli. “Tale metodologia è costituita da una griglia di valutazione di parametri omogenei delle aziende agrituristiche, che tengono conto del livello di comfort della struttura ricettiva, della qualità del contesto ambientale, delle caratteristiche dell’azienda e dei servizi che è in grado di offrire, in termini di valorizzazione dei prodotti tipici locali, del paesaggio e dei territori.”
La suddetta classificazione, che garantisce un’identità ed un valore ufficiale all’agriturismo, può essere considerata un primo step nei confronti dello sviluppo del settore agrituristico: finalmente le aziende vengono valutate in base ad un giudizio concreto e affidabile, basato su criteri garantiti da un marchio istituzionale unitario che prevede l’uniformità e l’omogeneità a livello nazionale.
Se pensiamo al fatto che l’idea di coniugare offerta turistica e agricoltura è nata solo da trenta anni e perciò la normativa giuridica è piuttosto recente, è molto comprensibile il fatto che la tipologia di struttura ricettiva qui analizzata, l’agriturismo, sia in continuo sviluppo così come sono in continua evoluzione gli strumenti utilizzati; l’intera analisi da me effettuata potrebbe implicare processi ancora da definire in base agli adeguamenti che il settore richiederà.
Un elemento che non ho trattato, ma che ha un ruolo preponderante nel discorso comunicativo delle relazioni pubbliche è l’influenza della politica che non sempre vede lo sviluppo delle strutture rurali come opportunità e pertanto non incentiva né supporta le aziende negli investimenti che riguardano la viabilità e i trasporti. In effetti potremmo dire che se il mercato delle aziende agrituristiche e la relativa domanda sono ormai pronti, non si può dire lo stesso dell’offerta, che ancora è indietro e necessita di innovazione e organizzazione. Nella fattispecie degli agriturismi, tendenzialmente aziende di piccole dimensioni e di tradizione familiare - per mantenere la coerenza con la genuinità e la ruralità che si vendono ogni cliente è una persona, non un numero e pertanto occorre costruire un rapporto umano, trasmettere dei valori e il primo strumento che si utilizza è senza dubbio la comunicazione. La comunicazione non prescinde dalle risorse umane, che anzi sono il primo fattore da tenere in considerazione. Si può essere eccellenti oratori e venditori, ma senza produzione né prodotti è difficile vendere aria.
Prendendo in considerazione le dimensioni delle strutture, ci si rende conto che Faggioli, a differenza dei due competitors lucani, non trae il suo profitto unicamente dalla ristorazione o dagli alloggi, che anzi risulta quasi marginale, ma ha come focus principale di rendimento prima la formazione e i progetti, poi la produzione e la vendita di prodotti. Ritengo che in presenza di una struttura estesa e con tanti posti, se utilizzate le giuste strategie di pianificazione di tutte le risorse (in primis quelle umane, ma non solo), le diverse tipologie di attività - la vendita di beni e servizi da un lato e la vendita di emozioni e nozioni dall’altro - possono essere perfettamente compatibili tra loro e convogliare verso un unico binario.
Il gap maggiore tra le aziende lo si rileva dalle dichiarazioni degli stessi proprietari: Faggioli ha sostenuto “Non è importante produrre, ma vendere” e di contro Placella ha affermato che “Non può esserci vendita senza produzione”. A parer mio le due operazioni viaggiano in maniera congiunta e il mio obiettivo finale di questa tesi è stato quello di imparare a “Produrre di più e vendere meglio” attraverso il corretto uso della comunicazione aziendale applicata agli agriturismi.