LUISS Guido Carli
Libera Università Internazionale degli Studi Sociali
Dipartimento di Scienze Politiche
Cattedra di Comunicazione d’impresa e Gestione delle risorse umane
Relatore: Chiarissimo prof. Antonio Cocozza
Anno Accademico: 2016/2017
Il brand o marchio era originariamente un insieme di segni grafici e parole utili per identificare in maniera univoca un’azienda. L’American Marketing Association nel 1960, lo definì “un nome, un termine, un segno, un simbolo o qualunque altra caratteristica che ha lo scopo di far identificare i beni o i servizi di un venditore e di distinguerli da quelli degli altri venditori”.
Nel corso degli anni il brand non indicò più solo gli elementi materiali dell’azienda, ma iniziò ad essere un asset intangibile, cioè uno strumento attraverso cui rendere visibile l’immaterialità dei valori dell’impresa. Aaker, nel 2014 definì il brand come una promessa di fornire ciò che la marca rappresenta e un rapporto che si evolve in base alle esperienze vissute dal cliente.
Le politiche di branding identificano, quindi, l’insieme di attività strategiche e operative che contribuiscono alla costruzione e alla gestione della marca; non si limitano alla riproduzione grafica di un logo, ma riguardano piuttosto la comunicazione dei valori, della mission e della vision di un’azienda.
I principali elementi grafici del brand sono:
- Nome: l’essenza dell’azienda, deve possedere una serie di caratteristiche determinanti quali: riconoscibilità; memorabilità; distinguibilità; gradevolezza; emotività; creatività; difendibilitàlegale;
- Marchio: segno o simbolo grafico riconoscibile (logotipo, pittogramma o ideogramma), è “il complesso di elementi tipografici, figurativi e plastici”;
- Payoff: detto motto o slogan, è la frase conclusiva di un annuncio e riassume l’intero universo aziendale; Body copy: parte descrittiva dell'annuncio pubblicitario stampato, che ha la funzione di spiegarlo.
Come suggerito da Chiara Santarelli (2010), gli effetti che il brand produce nel mercato sono:
- rafforzare la reputazione di un’azienda - incoraggiare la fedeltà alla marca - assicurare la qualità dei prodotti
- “convincere che accadrà”: il brand è una promessa
- assicurare accesso alla comunità: gruppi che fondano la propria esistenza sulla condivisione di esperienze
- generare un sistema di valutazioni e percezioni: suggerisce al consumatore uno stile di vita, dei valori che il prodotto riverberà all’esterno.
L’aspetto più ostico riguarda la scelta del brand, cioè il suo «punto zero»; una delle prime rassegne a trattare la rilevanza del nome del brand apparve nel 1982 con il titolo «The Effect of Brand-Names». Inizialmente si riteneva che l’origine del nome di un prodotto o di un’azienda indicasse la categoria, la funzione ed eventualmente il benefit del prodotto/azienda in questione, basando la misurazione del significato del nome in base alla fittingness (capacità di indicare il tipo di prodotto e le sue caratteristiche), distinctiveness (rispetto agli altri prodotti nella stessa categoria merceologica), mood (tono ed intensità affettiva evocata dal nome).
“Se in origine il nome era garanzia di identità e chiarezza di caratteristiche, oggi è piuttosto polisemia armonica, risemantizzazione perennemente in evoluzione pure in una coerenza interna riconoscibile (non sempre razionalmente o logicamente)”(Giovanni Siri, 2003).
Il nome del brand corrisponde oggi alla semantica del brand, cioè a tutta la rete di associazioni legate al brand in forza della sua funzione simbolica; in altre parole, dopo il momento della scelta, il brand serve ad evocare nella mente del consumatore l’insieme di tutte le altre cognizioni legate a quel prodotto/azienda (es. packaging, advertising, punto vendita, esperienza vissuta,).
La brand identity è costituita dalla somma degli aspetti materiali (prodotti e tecnologie) e dagli aspetti immateriali (storia, competenza, leadership) dell’azienda, che le consentono di riconoscersi ed essere riconosciuta nel tempo e nello spazio; ciò che i consumatori percepiscono della marca determina la brand image. La Corporate Image (immagine esterna) segue sempre la Corporate Identity (identità reale): l’azienda deve sempre prima definire la sua identità e i suoi valori; se immagine e identità non coincidono per l’azienda è la fine.
Brand equity
È importante la machine senso del brand, chiamato quasi riduttivamente brand equity (valore del marchio) inteso come intreccio di sensi, racconti, associazioni, funzioni e relazioni. In altre parole il brand equità indica il valore economico strettamente connesso alla marca che si affianca all’universo di valori, cultura e identità aziendali. I modelli più noti in letteratura per l’analisi della customer-basedbrand equity sono quelli di Aaker (1991) e Keller (1993). Secondo Aaker, la brand equity si fonda su cinque componenti correlate tra loro: la fedeltà di marca (brand loyalty) cioè la propensione al riacquisto; la notorietà di marca (brand awareness), la conoscenza del marchio; la qualità percepita, che viene definita dall’autore come “la percezione da parte del consumatore della qualità globale o della superiorità del prodotto o del servizio rispetto all’uso cui è destinato, tenendo conto anche delle alternative possibili”; le associazioni di marca, definite come “tutto ciò che nella mente del consumatore risulta collegato alla marca”; la proprietà intellettuale, intesa come insieme dei beni immateriali di cui l’impresa è proprietaria: brevetti, marchi registrati, relazioni di canale, ecc.
Per Keller l’aspetto più rilevante è la conoscenza che i consumatori hanno della marca (brand knowledge), strutturata sulla consapevolezza di marca (brand awareness), cioè la capacità di essere riconosciuta e richiamata dal consumatore e l’immagine di marca (brand image), che sintetizza le percezioni sulla marca presenti nella memoria dei consumatori e che si riflettono in associazioni di varia natura alla marca stessa: attributi del sistema d’offerta (es. caratteristiche tecniche o di design oppure occasioni d’uso), benefici percepiti e atteggiamento generale (al brand di successo è generalmente associata un’immagine favorevole, forte e unica). Altri modelli letterari più recenti sono stati proposti da Risitano (2004), poi ripreso da Cherubini (2008) e da altri autori, secondo il quale il valore di marca percepito dal consumatore si fonda su tre diverse aree di valore: l’area cognitiva, l’area esperienziale, l’area fiduciaria; ciascuna area, a sua volta, esprime due distinte basi di valore attraverso le quali è possibile misurare le performance relazionali della marca. Le tre aree sono riconducibili alle tre fasi di approccio albrand:
- prima, l’area cognitiva che consiste nell’identificazione e la differenziazione del sistema d’offerta sulla base della consapevolezza di marca (brand awareness) e l’immagine di marca (brand image);
- durante, l’area esperienziale che crea un’esperienza di valore misurando l’affiatamento (attitude) e l’affinità (affinity) allamarca;
- dopo, l’area fiduciaria (brand trust area) che si fonda sulla soddisfazione del consumatore (customer satisfaction) e la fedeltà alla marca (brand loyalty).
- Secondo l’impostazione di Pratesi e Mattia (2006) la capacità espressiva della marca si può ricondurre: all’identità (brand identity); all’immagine (brand image); al posizionamento (brand positioning).
Riguardo alla funzione del brand in chiave comunicativa, è essenziale avere come riferimento una marca che faciliti il dialogo con il cliente, tale marca deve basarsi su un marchio efficace che abbia lo scopo di identificare un prodotto e di distinguerlo rispetto ai concorrenti. Il brand name oggi tende ad essere più evocativo, proiettivo,suggestivo, e al tempo stesso associabile a una personalità diversa e forte. In altre parole i marchi riassumono gli elementi chiave che si desidera che il consumatore ricordi e riconosca facilmente perciò un marchio efficace deve essere semplice, evocativo, corredato da un testo brevissimo e scelto con estrema cura. I marchi “affollati” di immagini e testi sono i più difficili da riconoscere e ricordare, ma anche da trasmettere e da riprodurre su svariati supporti: l’immagine, se riporta troppi dettagli o colori, potrebbe essere riprodotta in modo da sembrare una macchia indistinta e il nome, se troppo lungo, composto o straniero, rischia di essere tagliato o pronunciato male.
Ciò che conta, prima di tutto, è che il marchio non deve attirare l’agenzia o lo studio grafico, ma deve convincere il cliente ed essere memorizzabile in via esclusiva e permanente nella memoria.
Casi empirici
Le variabili analizzate per ciascun caso saranno la scelta del nome, il logo, la fisionomia grafica, la semiotica dei colori e l’eventuale presenza di uno slogan.
1. Da cosa nasce la scelta del nome e del logo per la vostra azienda?
2. Il logo è registrato? Se sì, dove e da quanto tempo?
3. Qual è la semiotica dei colori utilizzati?
4. La fisionomia (stile grafico) da cosa deriva?
GROTTA DELL’EREMITA
Il nome è stato scelto per rimando storico – geografico che descrive le origini dell’agriturismo, un antico racconto narrante di un eremita che nel 1800 visse in una grotta tutt’ora esistente e visitabile nelle montagne sovrastanti la struttura
Il logo, regolarmente registrato presso la Camera di Commercio, ha come soggetto principale un’eremita sotto una curva che simboleggia la grotta, all’interno della quale vi è scritto il nome dell’azienda
Lo stile grafico dell’immagine è moderno, mentre la scritta è in stile gotico, a rimando della grafia utilizzata dagli scrivani con il calamaio e dei templari che nel 1200 attraversarono quei territori.
I colori utilizzati sono il marrone e il bianco come il segnale delle indicazioni stradali italiane riferite alle località turistiche; inoltre il marrone richiama la terra, il legno e la rusticità, il bianco la genuinità.
VALLE OFANTO
Il logo, non registrato, ha come colori principali il bianco e il rame. Il nome scelto rimanda ad una questione territoriale che consente la semplicità di memorizzazione poiché è il nome della zona (SS Ofantina) in cui risiede l’agriturismo, puntando tutto sulla variabile dipendente speed of learning, mentre la scelta grafica deriva da una proposta del grafico.
Sul website lo slogan presente è “La qualità è di casa” con un rimando alla genuinità e all’ambiente familiare.
FATTORIE FAGGIOLI
Il logo è composto da due parti: in alto gli elementi iconografici, in basso il lettering. All’interno di un cerchio aperto è raffigurato un casale su un baffo di colline riscaldate da un grande sole. L’attenzione viene attirata principalmente dal nome dell’azienda con un risalto particolare al cognome di famiglia, ‘Faggioli’.
Per quanto riguarda la simbologia, il cerchio aperto rappresenta l’apertura alla comunità, la casetta rimanda all’ospitalità e all’armoniosità, mentre il sole trasmette creatività e positività.
I colori principalmente utilizzati sono il rosso, il giallo e il verde: il verde ha una funzione di contorno con un rimando alla natura, il rosso e il giallo sono posti in contrasto e spiccano sull’intero logo; il giallo è il colore della razionalità e dell’intelletto, mentre il rosso è il colore della passione e della stagione autunnale.
Faggioli ha puntato molto sulla semiotica dei colori, anche per la scelta del nome attribuito alle camere, partendo dal presupposto che il blu è il colore della comunicazione e delle relazioni.
Il logo, registrato dagli anni 90, nella sua complessità è equilibrato ed ha uno stile attrattivo; come da prassi è stato sviluppato in funzione del messaggio che si voleva trasmettere e nell’applicazione del caso, di una fattoria immersa tra le colline romagnole.
Il brand presenta come slogan “una scelta di vita”, manifestando una forte componente personale.
Sul website, affianco ai contatti, è presente la citazione: “Senza entusiasmo non si è mai compiuto nulla di grande” che sottolinea una manifestazione di volontà da parte del gestore di impegnarsi per il raggiungimento di grandi risultati, trasmettendo possibilità di innovazione grazie alla determinazione.