La normativa italiana in materia di agriturismo risale agli inizi degli anni '50. Difatti, fino all'emanazione della legge quadro n. 730 del 1985 il connubio tra agricoltura e turismo rurale è stato riconosciuto e disciplinato, anche se in forma non sistematica, da altri provvedimenti legislativi.
Il primo intervento legislativo italiano sulle potenzialità turistiche dell'azienda agricola risale alla legge 991 del 1952, con la quale ai coltivatori diretti è stata riconosciuta la possibilità di accedere a mutui per migliorie di carattere igienico e ricettivo da eseguirsi in strutture interne all'azienda agricola e destinate ad ospitare i turisti. Analogo riconoscimento è stato dato con la Legge 1102/1971 e, successivamente, con la Legge 352/1976 che, in attuazione della Direttiva Comunitaria sull'agricoltura di montagna e sulle aree svantaggiate (Dir. 268/75), ha previsto (art.10) anche la possibilità di accedere a finanziamenti pubblici per effettuare investimenti di carattere turistico o artigianale realizzati nell'ambito dell'azienda agricola.
La finalità di tali normative era, ovviamente, quella di incentivare la realizzazione di attività idonee ad integrare i redditi degli agricoltori. In particolare, la legge 352/76 si è rivelata innovativa sia perché ha consentito, per l'esercizio dell'attività ricettiva, l'impiego di altre unità immobiliari interne all'azienda non adibite ad abitazione privata del proprietario, sia perché ha dato l'opportunità di praticare attività artigianali all'interno dell'unità produttiva. Ciononostante, giuridicamente non veniva riconosciuta la polivalenza dell'attività agricola e si riteneva che l'attività turistica espletata in un'azienda agricola fosse "collaterale ed estranea all'attività agraria in senso stretto" e da considerare commerciale. Ciò è stato confermato anche con la legge 217/1983 che definiva gli alloggi agrituristici come "quei locali siti in fabbricati rurali nei quali viene dato alloggio a turisti da imprenditori agricoli" (Carbone-Ribaudo, 2000).
Le prime formulazioni del concetto di agriturismo si trovano nelle leggi regionali della Valle d'Aosta e del Trentino Alto Adige. In particolare le Province Autonome di Trento e Bolzano hanno riconosciuto per prime (1973) l'esistenza di un fenomeno socioeconomico nuovo meritevole di attenzione sotto il profilo normativo introducendo misure particolari per la sua valorizzazione. Sulla scia di tale interesse anche altre 12 regioni4 hanno emanato norme volte a definire e ad incentivare l'attività agrituristica. Tuttavia, in mancanza di una legge quadro alcune regioni hanno introdotto provvedimenti essenzialmente finanziari (contributi per incentivare l'agriturismo), altre hanno dato anche indicazioni di ordine amministrativo (autorizzazione comunale diversa da quella prevista per l'affittacamere) con il risultato finale di norme incomplete e difformi tra loro (Parisi, Mazzamuto, 2002) .
In ambito nazionale l'agriturismo ha ottenuto una sua collocazione nel panorama delle attività imprenditoriali solo con l'approvazione della legge 730/1985 "Disciplina dell'Agriturismo", le cui finalità prevedono la promozione di idonee forme di turismo nelle campagne ed il riequilibrio del territorio agricolo, la permanenza degli agricoltori nelle aree rurali, la valorizzazione del patrimonio rurale naturale ed edilizio, la conservazione e la tutela dell'ambiente, la valorizzazione dei prodotti tipici, delle tradizioni e della cultura rurale (art.1). L'articolo 2 della legge 730/85 definisce giuridicamente l'attività agrituristica la quale "…comprende, esclusivamente, le attività di ricezione ed ospitalità esercitate da imprenditori agricoli di cui all'art 2135 del codice civile5, singoli o associati, e da loro familiari di cui all'art 230 bis del c.c., attraverso l'utilizzazione della propria azienda in rapporto di connessione e complementarietà rispetto alla coltivazione del fondo, silvicoltura ed allevamento del bestiame, che devono comunque rimanere le attività principali dell'azienda" (Carbone-Ribaudo, 2000).
Pertanto, la legge quadro sottolinea l'esigenza di un rapporto di connessione che si estrinseca nell'obbligo di riadattare o utilizzare a fini extra agricoli, il patrimonio edilizio esistente in azienda. Inoltre, la normativa di riferimento evidenzia la necessità di monitorare il rapporto di complementarietà6 tra le due attività. Ciò al fine di garantire la predominanza dell'attività agricola su quella turistica – onde prevenire la dismissione della prima a favore della seconda. Tali indicazioni scaturiscono dalla successiva circolare ministeriale n° 10 del 27.06.1986 nella quale viene indicata la preferenza del criterio del lavoro piuttosto di quella del reddito; tutto ciò al fine di realizzare l'integrazione del reddito agricolo con quello proveniente dall'attività agrituristica.
Inoltre, la legge quadro ha stabilito che:
Nell'evoluzione del quadro normativo nazionale del settore la Legge n° 135 del 20.03.2001 "Riforma della legislazione nazionale sul turismo" ha rappresentato una tappa importante. Le finalità principali dell'anzidetta legge sono, tra l'altro, quelle di contribuire alla crescita competitiva dell'offerta del sistema turistico nazionale, regionale e locale, quale strumento di attuazione del riequilibrio territoriale delle aree depresse, tutelando e valorizzando le risorse ambientali, i beni culturali e le tradizioni locali nell'ottica di uno sviluppo turistico sostenibile. A tal fine, ha anche lo scopo di sostenere l'uso strategico degli spazi rurali e delle economie marginali e tipiche, in chiave turistica, nel contesto di uno sviluppo rurale integrato. In particolare, il decreto attuativo della riforma (che individua i principi e gli obiettivi per la valorizzazione e lo sviluppo del sistema turistico), onde assicurare l'unitarietà del comparto turistico e la tutela dei consumatori, delle imprese e delle professioni turistiche, stabilisce:
a) le terminologie omogenee e lo standard minimo dei servizi di informazione e di accoglienza ai turisti
b) l'individuazione delle tipologie di imprese turistiche operanti nel settore e delle attività di accoglienza non convenzionale
c) i criteri e le modalità dell'esercizio su tutto il territorio nazionale delle imprese turistiche per le quali si ravvisa la necessità di standard omogenei ed uniformi
d) gli standard minimi di qualità delle camere di albergo e delle unità abitative delle residenze turistico-alberghiere e delle strutture ricettive in generale
e) gli standard minimi di qualità dei servizi offerti dalle imprese turistiche cui riferire i criteri relativi alla classificazione delle strutture ricettive
f) per le agenzie di viaggio, le organizzazioni e le associazioni che svolgono attività similare, il livello minimo e massimo da applicare ad eventuali cauzioni, anche in relazione ad analoghi standard utilizzati nei Paesi dell'Unione europea
g) i requisiti e le modalità di esercizio su tutto il territorio nazionale delle professioni turistiche per le quali si ravvisa la necessità di profili omogenei ed uniformi, con particolare riferimento alle nuove professionalità emergenti del settore…"(Gazzetta Ufficiale Repubblica Italiana n. 92 del 20 aprile 2001)
Tale disposizione normativa, prevedendo standard minimi di qualità sia per le strutture ricettive che per i servizi offerti, assoggettando tutte le strutture a classificazione in stelle, ha rappresentato una svolta nell'evoluzione qualitativa dell'offerta turistica italiana in generale e, quindi, anche di quella agrituristica Recentemente, un sostegno significativo allo sviluppo delle attività agrituristiche è derivato dall'attuazione in Italia del Reg. CE 1257/1999 sul sostegno allo sviluppo rurale da parte del FEAOG e, in particolare, dall'individuazione in tutti i programmi regionali, sia i POR delle regioni obiettivo 1 che i PSR delle regioni del Centro- Nord, di interventi di diversificazione economica delle aree rurali ricadenti nella "misura p" del predetto regolamento La misura p "diversificazione delle attività del settore agricolo e delle attività affini"prevede, difatti, interventi riconducibili a quattro principali tipologie:
Le prime due tipologie di intervento sopra indicate sono rivolte esclusivamente alle imprese agricole e prevedono la realizzazione di investimenti aziendali per la diversificazione delle attività. L'obiettivo è quello di contribuire alla creazione di fonti integrative di reddito per gli agricoltori. In tale ambito, la maggior parte dei piani regionali8, finanziano parzialmente la costruzione e/o la ristrutturazione di fabbricati aziendali e l'acquisto di impianti e attrezzature da destinare allo svolgimento delle specifiche attività di diversificazione di volta in volta considerate. L'incentivazione all'agriturismo è prevista in tutti i piani regionali, ad eccezione di quello della provincia autonoma di Bolzano, che concentra gli aiuti su altre attività suscettibili di creare fonti alternative di reddito in ambito aziendale, quali le produzioni agricole alternative e lo sviluppo di nuovi prodotti o servizi. Tra le altre attività di diversificazione, l'artigianato è quella più frequentemente contemplata tra le azioni finanziabili. Le altre due tipologie di intervento previste sono orientate verso obiettivi di integrazione dell'offerta agrituristica e ricreativa e presentano un più elevato grado di complessità attuativa. In particolare, gli interventi per la valorizzazione del patrimonio locale riguardano investimenti connessi alla realizzazione di itinerari turistici (didattici, naturalistici o enogastronomici), alla creazione di reti telematiche, allo svolgimento di attività divulgative o di specifiche azioni di informazione volte, ad esempio, al recupero di attività tradizionali quali antichi mestieri ed artigianato in genere (es. lavorazione del legno, realizzazione di panieri, ricami, ecc.) La tipologia più ricorrente è, comunque, quella relativa alla realizzazione di itinerari turistici, attraverso il recupero di sentieri, la realizzazione di idonea segnaletica, la creazione di centri informazione ed il restauro di elementi architettonici. La regione Sicilia, che nell'ambito della "misura p" finanziava esclusivamente investimenti per le attività agrituristiche, ha esteso il campo degli interventi finanziabili all'interno delle aziende agricole, al turismo rurale e all'artigianato.
I criteri seguiti per la determinazione dell'intensità di aiuto sono analoghi a quelli utilizzati per gli investimenti nelle aziende agricole. In particolare, la regione Sicilia individua un massimale di investimento pari a 750.000 euro per azienda e fissa il tasso base di partecipazione pubblica al 50% del costo totale, mentre per gli investimenti realizzati da giovani e/o in zone svantaggiate prevede un contributo pari al 55%.
In generale, nei diversi contesti regionali in fase di programmazione è stato attribuito alle misure di diversificazione un ruolo importante nel sostegno allo sviluppo delle aree rurali. Tuttavia, è ovvio che l'effettivo conseguimento di tale obiettivo dipende, oltre che dalle quantità di risorse disponibili, dalla loro corretta allocazione tra aree in funzione dei fabbisogni di intervento. L'ammontare delle risorse pubbliche deve, infatti, raggiungere una massa critica tale da consentire di incidere in maniera significativa sull'ampliamento degli sbocchi occupazionali, in settori collegati con l'agricoltura, nelle aree rurali interessate. Inoltre, l'entità dei singoli incentivi concessi deve essere congrua e tale da consentire l'avvio o il consolidamento di iniziative suscettibili di una continuità nel futuro.
Su quest'ultimo aspetto, occorre osservare che la tendenza generale è quella di fissare l'entità dell'aiuto sui livelli massimi possibili, compatibilmente con la normativa comunitaria. In termini di entità delle risorse loro destinate, il ruolo delle misure volte alla diversificazione economica nelle aree rurali (Reg. CE 1257/99, art. 33), sia nel Centro-Nord che nelle regioni Ob. 1, è limitato. La quota di risorse assegnata a tali misure, che sono legate allo sviluppo del territorio e potenzialmente destinabili ad una platea più ampia di quella degli imprenditori agricoli, seppure con alcune eccezioni (Calabria, Basilicata e Sicilia al Sud e Toscana, Marche e Friuli nel Centro- Nord), non supera, nel complesso, il 5-6% della spesa totale programmata.
Se si guarda al totale nazionale, la quantità di risorse più consistente (3% del totale FEOGA) è stata destinata alla misura p (diversificazione delle attività del settore agricolo e delle attività affini). Agli interventi per la commercializzazione dei prodotti di qualità e l'incentivazione delle attività turistiche e artigianali è stato assegnato un ruolo decisamente marginale in termini di finanziamenti (rispettivamente, 1,2% e 1,0%). In media, la quota di risorse complessivamente attribuite alle misure anzidette è più elevata nelle regioni Obiettivo 1 (6%), rispetto a quelle fuori OB. 1 (4%). Inoltre, nelprimo caso si rileva una concentrazione decisamente maggiore sulla misura p, che intercetta quasi il 4% delle risorse totali, contro il 2% del Centro-Nord. Appare interessante sottolineare infine che, nell'ambito delle risorse assegnate alla misura p nelle aree ad obiettivo 1, quasi un quarto del totale (24,8%) sono state attribuite alla regione Sicilia. (INEA , Rapporto 2001/2002 ).