Per stabilire le situazioni in cui gli impatti negativi dell’agricoltura possono risultare eccessivamente deleteri per l’ambiente circostante, è necessario definire cosa si intende per sostenibilità. In generale, è possibile affermare che un’attività è sostenibile quando è in grado di essere mantenuta indefinitamente nel futuro (Ekis, 2000). Secondo Rigby et al. (2001), nel 1996 la letteratura scientifica annoverava già quasi 400 definizioni di sostenibilità diverse tra loro. Ciò può essere spiegato da tre fattori: (1) la sostenibilità è un concetto fortemente connotato da aspetti etici ed ideologici; (2) la molteplicità degli aspetti da tenere in considerazione (economici, ambientali, sociali, ecc.) che possono talvolta confliggere tra loro; (3) la multidisciplinarietà, dato che il concetto deriva principalmente dalla letteratura scientifica e naturalistica, rendendo difficile trovarne un’applicazione univoca. Questi fattori vengono esacerbati in situazioni in cui le risorse naturali sono scarse e le scelte irreversibili (Gios, Raffaelli, 2003).
Una volta definite le teorie sulla sostenibilità utilizzate, esse verranno applicate al concetto di territorio, il quale rappresenta l’unità d’analisi della multifunzionalità. Quest’ultima infatti è un concetto non assoluto, che può assumere una diversa connotazione in base all’area d’analisi (Andreopoulou, 2012). Nel paragrafo successivo verranno approfondite le diverse teorie riguardanti la sostenibilità.
La sostenibilità nella letteratura scientifica
E’ possibile individuare tre grandi famiglie di approcci alla sostenibilità: debole, forte e della capacità di carico. In linea generale, la sostenibilità debole vede come obiettivo finale la sostenibilità economica di un sistema, intesa come capacità di accrescere e, una volta raggiunto lo stato stazionario, di mantenere nel tempo lo stock di capitale totale, al fine di ottenere il massimo grado di benessere economico. Di conseguenza, viene prevista la sostituibilità tra i vari tipi di capitale, in particolare tra quello naturale e quello antropico. Questo approccio si basa sull’idea dell’economista David Ricardo di scarsità relativa delle risorse, secondo la quale è possibile posticipare lo stato stazionario del sistema economico attraverso un uso efficiente delle risorse naturali. La linea di pensiero della maggior parte degli attuali economisti segue le deduzioni di Ricardo. Per esempio, uno dei modelli di sviluppo più utilizzato, ovvero quello di Solow e di gran parte delle sue estensioni, prevede che sia possibile aumentare il prodotto attraverso la piena sostituibilità dei diversi tipi di capitale, finche´ si raggiunge uno stato stazionario in cui non è possibile un ulteriore sviluppo tecnologico (Gios, Raffaelli, 2003).
Gli studiosi che propendono per una sostenibilità forte pongono diverse critiche all’approccio debole. Per quanto riguarda la scarsità, Malthus ed altri autori come Mill esprimono la desiderabilità del raggiungimento di un’economia di stato stazionario, stante la limitatezza delle risorse naturali. Alla base di questa linea di pensiero vi è una limitata fiducia nel progresso tecnico, il quale non viene considerato in grado di bilanciare le esternalità negative generate dall’aumento del prodotto. La gestione delle esternalità negative pone altri due problemi in un’ottica di sostenibilità sia essa forte o debole: la deperibilità e l’appropriabilità delle risorse. Georgescu-Roegen (1971) in tema di deperibilità, basandosi sulle leggi della termodinamica, dimostra che ogni processo produttivo, data la limitatezza delle risorse naturali (terra, fonti energetiche, minerali, acqua), genera un aumento dell’entropia e di conseguenza la perdita nel futuro di energia e di materia disponibile. Inoltre, ogni processo produttivo genera esternalità negative (rifiuti, emissioni nocive, ecc.) utilizzando l’ambiente come ricettore di rifiuti. Le esternalità negative creano una differenza positiva tra i costi totali sociali e i costi privati, generando un prodotto marginale maggiore rispetto a quello socialmente ottimale. Secondo un approccio di sostenibilità forte questa funzione ambientale andrebbe solo preservata, mentre secondo un approccio di sostenibilità debole è necessario adottare idonei provvedimenti al fine di governare le esternalità. In ordine di efficacia, gli strumenti proposti dai teorici della sostenibilità debole sono: (1) distribuzione di diritti di proprietà al fine di internalizzare le esternalità negative (Coase, 1960); (2) strumenti fiscali o regolamentari (Pigou, 1920); (3) strumenti volontari preventivi (Ecolabel, normative ISO ed EMAS, ecc.). Le maggiori critiche rivolte verso questi strumenti riguardano la difficoltà di implementazione, particolarmente in termini di individuazione di meccanismi di prezzo adeguati (Gios, Raffaelli, 2003).
I teorici della sostenibilità della capacità di carico (o degli standard minimi di sicurezza) sostengono che non è sempre possibile sostituire il capitale naturale con capitale fisico, data l’esistenza di componenti critiche delle risorse naturali non sostituibili. Per esempio, l’acqua potabile non può essere sostituita da nessun altro prodotto, tutt’al più, a certe condizioni, è possibile filtrarla. Inoltre, in presenza di impatti eccessivi su una risorsa naturale, essi possono risultare irreversibili, nel senso che la risorsa non può essere più utilizzata o non è più in grado di rigenerarsi. In questo contesto un fattore determinante è l’incertezza, in quanto risulta difficoltoso calcolare l’esatta soglia di impatto superata la quale esso diventa irreversibile. Di conseguenza, questo approccio si basa sul principio di precauzione, secondo il quale in situazioni in cui si è in presenza di relazioni causa-effetto non chiare, incertezza, irreversibilità e rischi elevati è necessario definire le soglie di capitale naturale minimo da conservare. Secondo questi studiosi è perciò opportuno creare un contesto dinamico, tale per cui da un lato si riduca il rischio di cambiamenti ambientali irreversibili e, allo stesso tempo, individuare quelle situazioni in cui sia possibile operare in un regime di sostenibilità debole, situazioni che diventeranno sempre più numerose con l’avanzare della tecnologia e della conoscenza (Gios, Raffaelli, 2003).
Nel paragrafo seguente il concetto di sostenibilità verrà declinato in maniera più approfondita legandolo al concetto di territorio.
Il concetto di sostenibilità applicato al territorio
La questione della sostenibilità del sistema economico ha iniziato a farsi largo in maniera importante durante gli anni Settanta (Andreopoulou, 2012). E’ in questo periodo che il testo World Dynamics commissionato dal Club di Roma al Massachusetts Institute of Technology (MIT) venne discusso, talvolta ricevendo parecchie critiche. In questo documento il Club di Roma metteva in evidenza come la sovrappopolazione e la crescita (quantitativa) esponenziale fossero in contrasto con le risorse finite disponibili sul nostro pianeta, denotando un approccio forte alla sostenibilità. Le maggiori critiche provennero da molti economisti in linea con la teoria della sostenibilità debole. Infatti, secondo questi studiosi il Club di Roma non teneva in debita considerazione gli sviluppi tecnologici, i quali avrebbero permesso di sopperire alla futura mancanza di risorse (Angelini e Pizzuto, 2007).
Dal punto di vista sociale ed ambientale, il punto debole del World Dynamics era quello di non tenere conto delle interazioni con gli aspetti economici. Secondo Friedman (2006), la mancanza di crescita economica può portare ad una diminuzione della qualità della vita e dell’equità, rischiando di minare i basilari principi democratici. E’ per questo che le forti sfide economiche, ambientali e sociali richiedono soluzioni che siano sostenibili e il territorio, dal canto suo, gioca un ruolo fondamentale, in quanto le risposte a queste sfide devono essere il più possibile comprese e condivise dagli stakeholder locali. Inoltre ogni territorio detiene risorse diverse e livello di utilizzo differenti. Di conseguenza, la sostenibilità del territorio è allo stesso tempo fattore trainante e obiettivo di processi di sviluppo sostenibili (Andreopoulou, 2012).