E’ doveroso premettere che il termine multifunzionalità ha assunto diversi significati, da cui sono discesi diversi metodi di valutazione. Gli ambiti di studio in cui è stata analizzata la multifunzionalità sono: l’agronomia, l’ecologia del paesaggio, la sociologia rurale, il commercio agricolo, l’economia ambientale e la geografia (Andersen et al., 2013).
Oltre all’ambito di studio, una caratteristica distintiva che differenzia i lavori in questo settore è l’unità d’analisi. Negli studi di Andersen et al. (2013), Knickel et al. (2011) e Carmona-Torres et al. (2014) vengono analizzate le pratiche aziendali a livello di singola impresa agricola. Una delle ragioni più importanti di questa scelta risiede nel fatto che l’agricoltore è colui il quale prende le decisioni fondamentali riguardanti, ad esempio, i processi produttivi e le tecnologie da utilizzare (Raffaelli, 2005). Un’altra ragione per considerare come unità d’analisi la singola azienda risiede nel fatto che essa è il soggetto legale avente diritto a ricevere i sussidi, secondo la normativa europea della PAC (OCSE, 2001). Da questo punto di vista, spesso queste tecniche hanno tra gli obiettivi principali quello di quantificare l’efficacia delle politiche di incentivazione della multifunzionalità.
Inoltre sia Andersen et al. (2013), Knickel et al. (2011) che Carmona-Torres et al. (2014) utilizzano per la raccolta dati la metodologia della somministrazione face-toface di un questionario. In Andersen et al. (2013) e Carmona-Torres et al. (2014) il questionario viene somministrato solo ai proprietari di aziende agricole, mentre in Knickel et al. (2011) anche ad alcuni abitanti e ad imprese che sono dedite alla trasformazione dei beni e servizi associati all’agricoltura locale (settori della distribuzione, del turismo e della trasformazione delle materie prime). La ragione per cui Knickel et al. hanno studiato le preferenze degli abitanti risiede nel fatto che si voleva verificare se la multifunzionalità apportasse miglioramenti alla qualità della vita locale. Le preferenze degli imprenditori non agricoli erano necessarie per indagare se i benefici apportati dalla multifunzionalità abbiano influito sulle scelte di localizzazione produttiva delle imprese stesse.
I lavori di Andersen et al. (2013) e Knickel et al. (2011), inoltre, si differenziano per la vastità dell’area di studio. Andersen et al. (2013) si focalizzano solo sulle municipalità di Favrskov e Viborg nella Danimarca occidentale, mentre Knickel et al. (2011) analizzano 11 regioni in altrettanti stati europei. Le differenze nella scelta dell’area di studio hanno conseguenze importanti, in particolare per due aspetti, ovvero la replicabilità dello studio e la trasposizione dei risultati su altre aree. Sebbene Andersen et al. (2013) sostengano che la flessibilità insita nel loro metodo permetta ad altri studiosi di modificare o integrare agevolmente il set di indicatori utilizzati in base ad un determinato contesto, al tempo stesso affermano che per trasferire il metodo di studio utilizzato sia necessario essere in possesso di informazioni dettagliate, al fine di costruire indicatori adeguati.
Lo studio di Knickel et al. (2011) fa della flessibilità il più grande punto di forza. Infatti, questo studio ha permesso di ottenere informazioni su aspetti riguardanti l’agricoltura a livello europeo che prima non erano disponibili nelle statistiche ufficiali. In particolare, sono state chiarite le relazioni tra il settore agricolo, i proprietari delle imprese agricole e lo sviluppo rurale di determinate aree. La forte flessibilità della metodologia adottata comporta al tempo stesso notevoli criticità, soprattutto nella costruzione dell’indice di multifunzionalità. Sia l’analisi di Knickel et al. (2011) e di Andersen et al. (2013), infatti, mirano a quantificare gli effetti della multifunzionalità attraverso l’identificazione di un indice che sia in grado di riassumere il grado di multifunzionalità delle singole imprese agricole, attraverso l’analisi delle pratiche gestionali. Il maggior punto di debolezza di Knickel et al. (2011) risiede nel fatto che l’indice di multifunzionalità viene creato solamente attraverso le percezioni degli agricoltori riguardo le loro attività. In particolare, nel questionario vengono richiesti gli aspetti a cui loro “potrebbero contribuire positivamente o negativamente”. L’indice di multifunzionalità viene quindi creato sommando algebricamente gli effetti positivi e negativi13 con un range di valori che va da -5 a +5. Un altro aspetto controverso di questo studio risiede nel fatto che i singoli effetti vengano equipesati nel calcolo dell’indice di multifunzionalità.
Andersen et al. (2013) utilizzano un processo più complesso. Gli autori di questo studio hanno inizialmente individuato quattro categorie di funzioni attribuibili alla multifunzionalità: funzione produttiva, di tutela degli habitat selvatici, ricreativa e residenziale. Ad ogni categoria di funzioni corrisponde un indice ed ogni indice viene creato attraverso degli indicatori. Sia la scelta delle classi che degli indicatori è stata svolta in base alla disponibilità di informazioni ottenute attraverso i questionari somministrati agli agricoltori. Una delle più importanti differenze rispetto al lavoro di Knickel et al. (2011) è che i singoli indicatori non sono equipesati, al contrario viene attribuito loro un peso differente. Il procedimento di individuazione dei pesi relativi ai singoli indicatori è suddiviso in tre fasi: (1) ranking iniziale e attribuzione di un peso agli indicatori da parte degli autori dello studio; (2) verifica da parte di due panel di esperti formati da colleghi di altre università, i quali hanno provveduto a rimuovere alcuni indicatori e a modificare alcuni pesi; (3) verifica finale da parte degli autori in termini di tipo, relazione e forza assegnando un punteggio agli indicatori. Una volta assegnati i pesi, i singoli indicatori di funzione vengono sommati, ottenendo l’indice della singola funzione riferita alla singola impresa agricola. Infine, i quattro indici riferiti alle funzioni vengono aggregati ottenendo così l’indice di multifunzionalità riferito alla singola azienda. Sebbene con modalità e finalità parzialmente differenti, un simile approccio expert based è stato utilizzato anche in Carmona-Torres et al. (2014) e Schindler et al. (2014).
Con riferimento alla costruzione dell’indice di multifunzionalità, in Knickel et al. (2011) gli indici di multifunzionalità vengono costruiti chiedendo ai titolari delle aziende agricole quali sono gli aspetti ambientali e sociali a cui loro contribuiscono positivamente o negativamente, mentre in Andersen et al. (2013) vengono richiesti gli interventi gestionali effettivamente implementati e le caratteristiche aziendali (tra cui la dimensione aziendale). Le variabili che determinano il livello di multifunzionalità di una singola impresa agricola, tenute in considerazione da entrambi gli studi, riguardano principalmente la tutela degli habitat selvatici e le opportunità ricreative. In Knickel et al. (2011) vi è però maggiore attenzione alla tutela di tradizioni locali, in termini di preservazione di pratiche agricole particolari, attività culturali, conservazione di siti archeologici e architettonici e coesione rurale sociale. Infine, è interessante notare come Andersen et al. (2013) abbiano inserito anche gli aspetti residenziali dell’azienda agricola, ovvero l’impegno nella fornitura e nel miglioramento degli spazi abitabili (non solo per gli abitanti dell’azienda, ma anche per chi eventualmente viene alloggiato temporaneamente). In particolare, vengono tenuti in considerazione il numero delle persone che vivono nella struttura, l’eventuale costruzione o riqualificazione di edifici agricoli e i miglioramenti apportati alle pertinenze (come il giardino e le aree verdi)
Una volta ottenuto l’indice di multifunzionalità, esso viene confrontato con le informazioni dell’azienda agricola e con quelle socio-demografiche del conduttore, al fine di verificare l’eventuale esistenza di relazioni tra la multifunzionalità e le variabili stesse. Questo confronto viene utilizzato anche per verificare la corrispondenza tra le relazioni ottenute con quelle già consolidate nella letteratura scientifica. La maggior parte dei dati socio-demografici e delle informazioni aziendali utilizzati sono comuni ai due lavori. Per esempio, viene analizzata la relazione tra multifunzionalità aziendale e: (1) la dimensione aziendale (in ettari), (2) il quantitativo in ore utilizzato per le attività in azienda e (3) lo stato occupazionale del personale (full-time o part-time).
In Knickel et al. (2011) vengono utilizzate altre variabili interessanti: (1) il reddito aziendale; (2) la presenza o meno di un erede; (3) la partecipazione a misure di incentivazione (presente anche nel lavoro di Zasada e Piorr, 2015); (4) aspettative future riguardo il reddito aziendale; (5) lo sviluppo rurale dell’area con particolare attenzione alla eventuale presenza di aree protette.
Nel paragrafo seguente verrà descritto il metodo di quantificazione della multifunzionalità utilizzato in questa tesi.