Le maggiori funzioni ambientali riguardano la conservazione del paesaggio, la tutela della biodiversità e il mantenimento dell’equilibrio idrogeologico.
La funzione di conservazione del paesaggio
Una delle funzioni ambientali è quella di conservazione del paesaggio. Secondo Casini (2009) il paesaggio è l’insieme delle aree urbane, periurbane, rurali e naturali. Ne consegue che il paesaggio è da un lato strettamente legato al territorio e dall’altro non è collegato solamente a caratteristiche di bellezza e gradevolezza, ma è paesaggio per esempio anche uno spazio fortemente urbanizzato. Inoltre, secondo la Convenzione Europea del paesaggio sottoscritta dal Consiglio d’Europa (2000), una caratteristica fondamentale del paesaggio è la sua percezione da parte della popolazione locale e dei visitatori. Questo aspetto è di notevole importanza per quanto riguarda la valutazione economica delle esternalità dovute al paesaggio, in quanto alcune recenti metodologie di valutazione delle risorse naturali, come il travel cost, si basano sulla disponibilità a pagare per visitare un determinato territorio o sito. Di conseguenza, andranno elicitate correttamente alcune caratteristiche socio-economiche degli intervistati, come la provenienza geografica, in quanto essa sarà fondamentale nel determinare la percezione che un individuo ha di un paesaggio. Un'altra potenziale fonte di criticità nella valutazione è la localizzazione del paesaggio, in quanto gli individui tenderanno ad attribuire un certo valore in base alla dimensione spaziale.
La Convenzione Europea del paesaggio (2000) sottolinea che il paesaggio è fortemente caratterizzato dall’azione e dall’interazione tra elementi naturali ed antropici. Come descritto nel primo capitolo, questo tipo di relazioni sono difficilmente scindibili e ciò si manifesta anche nei contesti rurali, come il territorio mantovano, caratterizzati dalla forte presenza dell’attività agricola, la quale ha fortemente modificato sia il paesaggio che il territorio. Un’altra conseguenza di queste interdipendenze si concretizza nel fatto che è quasi impossibile effettuare una valutazione economica della funzione paesaggistica che disaccoppi la produzione agricola e la produzione di esternalità.
Calandosi nella realtà italiana, la normativa prevede che siano le Regioni a disciplinare piani volti alla tutela paesaggistica attraverso i Programmi di Sviluppo Rurale (PSR). Questi provvedimenti devono definire piani d’uso che tengano conto delle peculiarità dei singoli territori e dei relativi paesaggi. I PSR prevedono l’elargizione di incentivi e finanziamenti al fine di promuovere la conoscenza di tecniche agricole che tutelino il paesaggio, il ripristino o il mantenimento di spazi naturali e seminaturali che caratterizzano il paesaggio agrario. I PSR hanno il pregio di facilitare la chiarificazione dell’insieme delle risorse paesaggistiche e territoriali, ma soffrono di un approccio talvolta eccessivamente prescrittivo. Ciò può portare ad un abuso di vincoli e, quindi, ad una “mummificazione” del sistema socio-economico. La sfida dei PSR è quella di arrivare ad un utilizzo sostenibile delle risorse locali da parte di tutti gli operatori economici, attraverso una gestione attiva del patrimonio paesaggistico. Un fattore che può aiutare le popolazioni locali è il turismo (la cosiddetta funzione ricreativa). Le popolazioni locali possono parzialmente remunerare la funzione paesaggistica dell’agricoltura, ad esempio, attraverso lo sviluppo di agriturismi, marchi locali, prodotti di qualità e altre certificazioni. ?` altresì di tutta evidenza che non si debba arrivare ad un eccessivo sfruttamento del turismo, ad esempio attraverso fenomeni di massa che possono portare a congestione, banalizzazione della cultura locale, depauperamento delle risorse naturali e quindi ad una perdita complessiva del valore del paesaggio e della destinazione in generale (Casini, 2009).
La funzione di tutela della biodiversità
Un’altra funzione ambientale che può essere sfruttata attraverso un’agricoltura multifunzionale è quella di conservazione e valorizzazione della biodiversità, intesa come variabilità genetica, di specie e di ecosistema. La biodiversità rende possibili i processi naturali come la regolazione del clima, la purificazione dell’acqua e dell’aria. Inoltre, la biodiversità viene ritenuta come precondizione per la produzione agricola, in quanto svolge un ruolo decisivo, per esempio, nel mantenimento della fertilità e struttura del suolo, il controllo biologico delle specie infestanti e l’impollinazione. La biodiversità permette anche un maggior adattamento dell’agricoltura ai cambiamenti ambientali. Analizzando specificamente l’agricoltura, l’agrobiodiversità, intesa come una parte della biodiversità, comprende: (1) le specie usate direttamente ed indirettamente nella produzione di beni agricoli e di materiali come fibre e biocarburanti; (2) le specie (le varietà vegetali, le razze animali, i funghi e altri micro-organismi) e gli habitat appartenenti ai sistemi agricoli, che allo stesso tempo aumentano la varietà genetica e beneficiano da essa; (3) la complessità ecologica nel suo insieme comprendente le piante coltivate, gli animali allevati, le specie selvatiche ed altre specie funzionali, come quelle impollinatrici e quelle predatorie dei parassiti, fondamentali nel garantire maggior resilienza ai sistemi agricoli (FAO, 1999).
Secondo il Millenium ecosystem assessment (2005), a livello mondiale si sta assistendo ad una perdita di biodiversità senza precedenti. Le maggiori cause di questo fenomeno riguardano il cambiamento climatico, la conversione degli habitat naturali, lo sfruttamento eccessivo delle risorse naturali, l’introduzione di specie invasive e l’inquinamento (in particolare da fosforo e azoto dovuto ai pesticidi chimici ed ai fertilizzanti). In Europa una spinta ulteriore è stata data dalle passate politiche di incentivazione che hanno favorito tecniche di coltivazione intensive, caratterizzate da un eccessivo utilizzo di fertilizzanti chimici e da un conseguente abbandono delle tecniche tradizionali estensive, al fine di favorire l’aumento della produzione. Per quanto riguarda la situazione italiana, secondo il Ministero delle Politiche Agricole e Forestali (MIPAF) (2005), la conversione dei pascoli in seminativi avvenuta negli ultimi decenni ha danneggiato fortemente la biodiversità, in particolare delle regioni mediterranee. Il MIPAF ha calcolato, tra il 1970 e il 2000, una diminuzione dei prati e dei pascoli del 38%, passando da 5 milioni e mezzo di ettari a circa 3,4.
La biodiversità, come le altre funzioni svolte dalla multifunzionalità, ha natura di bene pubblico, di conseguenza risulta difficoltoso remunerare chi sostiene i costi per salvaguardare questa funzione. Questi costi possono essere classificati secondo due tipologie:
(1) costi di realizzazione, relativi all’adozione di tecniche di coltivazione tradizionale;
(2) costi opportunità, ovvero il mancato reddito relativo al cambiamento o alla riduzione della superficie agricola utilizzata e all’investimento in capitale fisso per misure agro-ambientali e forestali di lungo periodo, a cui però andrà sottratto il valore dei pesticidi chimici e fertilizzanti non utilizzati. Inoltre, la singola azienda agricola che sceglie di tutelare la biodiversità necessita di nuove informazioni, tecnologie e capacità professionali, al fine di redigere un piano di gestione aziendale adeguato. Queste competenze raramente sono già presenti a livello di singolo imprenditore agricolo, di conseguenza potrebbero essere necessari dei corsi di formazione. La stessa azienda deve essere in grado quindi di sfruttare le opportunità che possono essere fornite dalla tutela della biodiversità. Innanzitutto è necessario considerare che la tutela della biodiversità può fungere da volano per altre funzioni. Salvaguardando la biodiversità, viene favorita la funzione produttiva, attraverso il mantenimento della fertilità dei terreni e la maggior resilienza contro le specie parassitarie, e la funzione paesaggistica, mantenendo le qualità estetiche e di varietà del paesaggio. Inoltre l’agricoltore potrà applicare un premium price ai propri prodotti, grazie alla loro elevata qualità. In questo caso la maggior problematica risiede nei canali distributivi, in quanto la grande distribuzione spesso non accetta prodotti di questo tipo a causa dei loro standard qualitativi, relativi all’aspetto esteriore, e quantitativi, in termini di quantità minima commerciabile. Un’opportunità che hanno le imprese agricole è quella della vendita diretta dei prodotti in azienda, attraverso l’e-commerce oppure attraverso i mercati contadini, che possono fungere da nuovo ed innovativo canale distributivo. In questo contesto, l’apertura di un agriturismo può portare ad un internalizzazione dei benefici della biodiversità attraverso maggiori prezzi di soggiorno, l’incremento del valore degli immobili, la vendita diretta e altre attività accessorie, come visite guidate, bird watching, turismo equestre, osservazioni della flora e dalla fauna selvatiche. In questo senso, anche la funzione ricreativa può beneficiare dalla tutela della biodiversità (Casini, 2009).
Tuttavia, i dati statistici riguardanti la percezione della biodiversità da parte dell’opinione pubblica presentano luci ed ombre. Secondo un sondaggio di Eurobarometro coordinato da parte del Direttorato Generale dell’Ambiente della Commissione Europea, i cittadini europei si sentono molto preoccupati a causa dei problemi ambientali e richiedono ai loro governanti interventi più incisivi per farvi fronte. Quando però si analizza più specificatamente il concetto di biodiversità, l’Agenzia Gallup rileva che solo il 35% degli abitanti del Vecchio Continente è in grado di fornire una definizione valida di biodiversità. Questo dato è aggravato dal fatto che anche gli amministratori pubblici non sono del tutto consci del reale valore della biodiversità. Il combinato disposto di questi due fattori può rendere flebile la “volontà politica” nell’incrementare i fondi per la tutela della biodiversità. A suffragare questa ipotesi è possibile notare come, sempre per l’Agenzia Gallup, ben l’80% dei cittadini europei non è a conoscenza della rete di aree protette Natura 2000. Una probabile conseguenza di questa mancata informazione è il fatto che i progetti relativi alle aree Natura 2000 non sono finanziati in maniera idonea oppure sono perlopiù legati a impegni di realizzazione e non di risultato. Di conseguenza, spesso è difficile riuscire a raggiungere i risultati prefissati o addirittura, come nel secondo caso, essere in grado anche solo di monitorare gli eventuali benefici apportati da progetti di salvaguardia della biodiversità (Casini, 2009).
La funzione di salvaguardia dell’equilibrio idrogeologico
Per funzione di salvaguardia dell’equilibrio idrogeologico si intende la riduzione del rischio dello scorrimento delle acque superficiali e sotterranee che può portare fenomeni contenuti come ridotte erosioni dei versanti, fino ad arrivare a frane e alluvioni. Secondo il Ministero dell’Ambiente, il 45,3% dei comuni in Italia ha un rischio molto elevato o elevato dal punto di vista idrogeologico. Le cause di questo fenomeno sono naturali ed antropiche. Dal punto di vista naturale, la conformazione orografica della penisola italiana gioca un ruolo fondamentale. Infatti il territorio italiano è caratterizzato da: (1) una massiccia presenza di aree di montagna e collinari con forti pendenze; (2) particolari caratteristiche geologiche; (3) un regime pluviometrico con una concentrazione delle precipitazioni in lassi di tempo ridotti. I fattori antropici invece sono riconducibili principalmente all’eccessiva urbanizzazione, all’impermeabilizzazione dei suoli, all’occupazione di aree di pertinenza fluviale e all’attività agricola. Con particolare riferimento a quest’ultima, è possibile individuare le due principali casistiche di rischio. La prima riguarda le aree montagna e le colline terrazzate: in molti di questi territori si è assistito ad una riduzione della funzione di salvaguardia dell’equilibrio idrogeologico a causa di una forte riduzione, e talvolta ad un abbandono, degli appezzamenti agricoli dovuta alla maggiore attrattività di altre attività economiche. La seconda casistica riguarda le aree collinari estensive: in molte zone sono avvenuti processi di forte erosione del suolo a causa del cambiamento nelle tecniche di coltivazione, come descritto nel primo capitolo. In particolare l’eccessiva meccanizzazione avvenuta negli anni ’60 ha da un lato aumentato la produttività dei terreni coltivati, ma dall’altro si è assistito ad una riduzione dei pascoli, aumento della superficie coltivata e abbandono delle manutenzioni delle sistemazioni idrauliche agrarie (Casini, 2009).
Come per la biodiversità, questa funzione ambientale ha effetti sinergici con le altre funzioni, non solo ambientali: per esempio, può aumentare il valore attribuito al paesaggio e può incrementare la funzione ricreativa grazie al maggior valore degli immobili degli agriturismi, i quali possono integrare nel prezzo offerto agli ospiti il plusvalore. A livello di singola impresa come per la tutela della biodiversità, è necessario tenere conto anche dei maggiori costi di realizzazione (Casini, 2009).